Il pizzo di Cantù (merletto a tombolo)
Un po’ di storia
L’origine del pizzo di Cantù risale al secolo XI. Agnese di Borgogna, priora del monastero benedettino cluniacense di Santa Maria di Cantù, avrebbe introdotto, insegnato e diffuso questa attività.
Le prime notizie documentate però confermano la presenza di questa lavorazione alla fine del XV secolo. Inoltre il punto Cluny compare nella lavorazione solo verso la metà del XIX secolo in un contesto non correlato all’ambiente monastico, legato a un lavoro genovese del XVII secolo e conservato nel museo di Cluny a Parigi. I due monasteri cittadini delle benedettine di Santa Maria e delle agostiniane di sant’Ambrogio producevano paramenti liturgici per le chiese cittadine. Possedevano anche propri educandati dove insegnavano alle allieve le tecniche del ricamo e del pizzo per la realizzazione di abbigliamento sia sacro e che profano.
A Cantù, la lavorazione del merletto si afferma nel XVII secolo quando alcune monache ammaestrarono delle ragazze del popolo all’uso dei fuselli del tombolo. Le donne incominciarono a produrre pizzi barattandoli con generi di prima necessità. Da quel momento in poi nacquero le scuole di tombolo in tutta la cittadina e il Pizzo di Cantù divenne un prodotto di alta qualità conosciuto in Europa e non solo. Le donne canturine impararono così la tecnica di realizzazione del pizzo di Cantù che nei secoli successivi divenne famoso e apprezzato in tutto il mondo. La tradizione è stata tramandata di generazione in generazione e resiste ancora oggi, sebbene il pizzo di Cantù autentico, che resta il più prezioso, viene spesso “imitato”.
Gli strumenti e i materiali
Ul pizz, come viene chiamato nel dialetto canturino, è un merletto prodotto intrecciando fili, solitamente cotone, lino o seta, che vengono avvolti su fuselli, i oss. L’intreccio viene lavorato su una base di appoggio, il tombolo, costituita da un cuscino di forma cilindrica imbottito di crine, ul cusin, che viene appoggiato su un cavalletto, ul pundin, e mantenuto inclinato tramite un’assicella di legno, la taparela.
Per realizzare il lavoro occorre un cartoncino, la cartina, su cui viene disegnata la traccia, che viene forato o spuntato lungo le linee del tracciato e fissato al tombolo. Servono numerosi spilli, i gügitt, per fissare il lavoro sulla cartina, un uncinetto, ul crüscè, di misura piccola (0,40 – 0,60 mm) utile in alcuni punti.
Terminata la lavorazione, e realizzato il disegno che si era progettato all’inizio, il pizzo di Cantù viene staccato dai punti di supporto per essere fissato a una stoffa come ornamento o viene utilizzato così com’è come succede, ad esempio, nel caso di pregiati bijoux per donne o come centri da mettere sui mobili o sul tavolo. A seconda delle dimensioni del filato e della particolarità dei disegni, il merletto risulta più o meno pregiato e raffinato e aumenta il suo valore.
Al lavoro concorrono diverse figure professionali specifiche:
La disegnatrice che progetta la trama sulla cartina.
La spuntatrice che esegue i fori sul cartone.
La merlettaia che realizza il pizzo.